[frame_left src=”http://www.francescostefanini.it/wp-content/uploads/2012/04/sottovoce_3.png” href=”http://www.francescostefanini.it/wp-content/uploads/2012/04/sottovoce_1024.jpg”]
testi di E. Ferretto, G. Grossato, A. Santin,
Bugno Art Gallery
Venezia, 2011[/frame_left]

…La tela e la carta divengono la superficie nella quale l’artista con gesto calmo e calibrato costruisce qualcosa che prima non c’era e i passaggi cromatici non sono che mutamenti di lunghezza d’onda dell’emissione luminosa. I supporti vengono preparati e personalizzati per creare un vero e proprio ambito: la tela trattata con gesso e colla diviene corposa, simile ad una parete, mentre il cartoncino viene grattato e graffiato eliminando la sua naturale levigatezza. Questa sapiente lavorazione ha lo scopo di amplificare al massimo la resa vibrante dell’opera e la sua natura di evento in evoluzione mai statico nĂ© fermo, ma indefinito e impalpabile come l’aria.
Erika Ferretto

…Sempre partendo da un dato oggettivo (la radura di un bosco, la mutevole immagine dell’esterno proiettato sulla tenda di una finestra, le luci notturne tra le foglie, il sole che fora la chioma di un albero), Stefanini lavora, a togliere, tutto quanto di ripetitivo, fuorviante, occasionale o casuale la natura, nel suo perpetuo movimento, propone alla vista. Egli, alla maniera di uno scultore, leva e leva fino al raggiungimento estenuato del limite estremo oltre il quale nulla riesce piĂą ad esistere, a muoversi, a respirare, a stormire…
Giovanna Grossato

… Minimali e pulsanti. Vere della veritĂ  vibratile e impalpabile della luce che filtra attraverso colori chiamati ad essere altro: sipari di rami, fronde mobili percorse da venti stranieri, buio delle notti non ancora violate dalle luci artificiali. Qui l’artista percorre l’istante senza trattenerlo. Lo seduce riconoscendo l’impossibilitĂ  di andare oltre. Il rapporto artista/visione della natura è dunque qualcosa di delicato e intimo, dove l’uomo è una presenza evanescente che si determina non nella propria fisicitĂ , ma nella capacitĂ  di cogliere le tracce che la natura mostra. Si tratta di luci filtrate e di leggeri bagliori stellari, si tratta di porzioni dell’infinito che traggono dalle velature e dalle colature, non oltre ma dentro i confini dell’opera, la finitudine dell’umano.
Alessandra Santin

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