[frame_left src=”http://www.francescostefanini.it/wp-content/uploads/2012/04/DSC_32791-719x1024_3.png” href=”http://www.francescostefanini.it/wp-content/uploads/2012/04/DSC_32791-719×1024.jpg”]testi di G. Cordoni, F. D’Amico,
L. Meneghelli, Edizioni Filò Arte,
Treviso, 1996[/frame_left]

… Cacciatore di questa luce, Stefanini godeva di un suo appostamento fisso da cui scagliare, così sicuro, i suoi dardi. E appostate assieme a lui c’erano sempre anche le cose. C’erano le forme delle cose dell’uomo e l’anima di cui il tempo lentamente le riveste. C’era la loro pelle su cui quella luce scivolava, scontrosa e magnifica!
Giuseppe Cordoni

…Nell’ombra si ricovera, s’insinua forse come malessere, il tempo di Stefanini: che così visibilmente sta nella sua pittura, e la caratterizza. Quel tempo che è pausa, sospensione metafisica, e insieme durata del sentimento. Quel tempo che stacca così nettamente, oggi, l’immagine di Stefanini dall’attimo registrato dallo scatto fotografico, del quale rimane a questa pittura lenta e lungamente risonante soltanto l’asprezza di certi tagli bruschi, di certe prospettive inamene: quasi a voler sottolineare, mentre la memoria distende all’indietro, e amplia emotivamente, il tempo della vita che prende figura, il suo pertinace rifiuto d’ogni troppo facile inclinazione patetica, d’ogni rilassato intimismo.
Fabrizio D’Amico

 …La tavolozza cioè accede a delle preziosità alte di colore, addirittura a degli autentici sfoggi di incandescenza (come nell’opera “S’addensa la luce”). …Un lavoro di fabrilità sapiente e determinata, ma soprattutto un lavoro sempre più mentalizzato, in quanto teso a fare dell’opera una presenza pura, disancorata dal peso della cosa, o, rovesciando i termini in gioco,a spostare il pondus cosale verso quell’estraneità di senso che è peculiare dell’immagine (e delle sue ombre).
Luigi Meneghelli

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